domenica 25 ottobre 2015

Recensione "La sarta" di Roberto Gandus - Fratelli Frilli Editori -



Roberto Gandus

La sarta
Torino, 1942

Fratelli Frilli Editori

 La storia prende lo spunto da un fatto di cronaca avvenuto nel centro storico di Torino nell'inverno del 1942. A innescarla è la morte di un'anziana sarta: suicidio o omicidio? Incaricato dell'indagine, il commissario Mercatalli che non è del tutto estraneo alla vicenda. Palcoscenico del racconto è un negozio di stoffe e confezioni dove si svolge il contrastato incontro fra Samuele Cohen, anziano commerciante ebreo, ritenuto colpevole della morte della sarta, e Oreste, giovane fascista scansafatiche, sciupafemmine, figlio della morta. Fra i due s'innesca uno scontro causato dalle leggi razziali del '38. La dolce Myriam, figlia del negoziante, sospetta che il padre sia al centro di un complotto architettato da Oreste e dalla sua amante. La trama s'infittisce e s'incrocia con gli sviluppi dell'amicizia di due ragazzini di undici anni, Fabio e Giorgio, che allevano colombi viaggiatori nella soffitta di casa, entrambi custodi di un segreto. Come e perché le due vicende s'intrecciano con l'indagine del commissario? Di certo, da queste storie che s'intersecano, emergerà un'unica sorprendente verità.

Non fosse un noir, ci sarebbe da parlare a lungo del finale di questo romanzo. Un finale che, come si suol dire, vale da solo il "prezzo del biglietto". L'assurdità della guerra diventa motivo di vendetta ma anche di riscatto. Di una umanità provata e sconfitta che cerca di rialzarsi dalle profonde ferite che la guerra stessa le ha inferto. Nelle pagine finali de "La sarta" si incontra tutto questo. Una ventina di pagine, o forse meno, di rara intensità. E' una Torino di una malinconica bellezza, grigia e fredda, a fare da sfondo a questa vicenda che ha come protagonisti diversi personaggi:  eroi, cialtroni, approfittatori, prostitute, amanti, ragazzini. Viene messa in risalto, in maniera tragica e a volte tragicomica, tutta quella fauna umana che cercava di sopravvivere come meglio poteva in quegli anni. Cohen, l'ebreo che deve difendersi dalle leggi razziali e di conseguenza dall'accusa di omicidio, è il buono ma anche quello che oggi probabilmente definiremmo un ingenuo; il commissario, patetica macchietta di un regime costituito da macchiette; la figlia di Cohen, la bellezza, forse irraggiungibile per molti e che rappresenta la voglia di vivere della gioventù, il non voler sottostare a assurde regole; Oreste, il faccendiere, fascista per convenienza, giocatore d'azzardo, trafficone, mostra l'altra faccia della medaglia. Insomma, personaggi dell'epoca ma anche attuali. Molto attuali andando a leggere fra le righe. La vicenda poliziesca in questo caso è a margine. Input per descrivere la società dell'epoca ma con diversi risvolti di quella del giorno d'oggi. Pertanto non è tanto il finale della storia a colpire, anche se non manca il colpo di scena conclusivo, ma il finale che Gandus riserva ai protagonisti di questa umanità variegata che lui stesso ha creato e che spesso sembra determinare da sola il suo destino. E' dentro i personaggi che c'è la vera storia. Sono loro che la creano, la modellano, la distruggono. Un romanzo particolare, che si discosta parecchio da altri ambientati in quel periodo storico, sia come stile che come finalità. Lento, riflessivo, intimista, "La sarta" ha bisogno di catturare il lettore, e di portarlo piano piano dentro le sue pagine. Necessita di un lettore attento alle sfumature, alle sfaccettature e credo ci saranno pareri discordanti nella valutazione finale. Insomma, esasperando il concetto, non cercate il giallo in questo romanzo; di giallo c'è solo la copertina. Leggerete invece un qualcosa che alla fine vi lascerà con l'amaro in bocca, con qualche lacrima forse, ma anche con la certezza di aver scandagliato l'animo umano in tutti i suoi aspetti. Starà poi al lettore, e a voi che leggete queste righe, decidere se questa umanità, figlia un po' "bastarda" di quella di ieri descritta da Roberto Gandus, ha ancora qualche speranza di riscatto. Buona lettura.

Paolo Vinciguerra

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