giovedì 10 settembre 2015

Intervista allo scrittore Davide Pappalardo (Milano Pastis) a cura di Franca Costa

Davide Pappalardo




Davide Pappalardo, trentanove anni, lau­reato in Scienze politiche e giornalista­ pubblicista, impiegato. Vive ad Acireal­e fino agli anni dell’università, poi s­i trasferisce a Roma e infine a Bologna.­ Ha scritto numerosi articoli sulla cri­minalità organizzata (alcuni dei quali ­pubblicati anche sulla testata Liberazio­ne). Ha frequentato diversi corsi di gi­ornalismo e scrittura creativa e pubbli­cato il romanzo Milano Pastis (Nerocrom­o 2015) e la raccolta di racconti La ver­sione di Mitridate (Zona 2015). ­








D. Il tuo romanzo d'esordio Milano Pastis, edito dalla Nerocromo, non è di facile tematica.

R. E' una storia di donne e uomini, passioni, paure, aspirazioni, destini che si incrociano, pallottole, pugni, alcolici scadenti, amore, sogni e tradimenti. E' la storia della rapina di via Montenapoleone. Un'azione criminale che si inserisce nel contesto storico e politico dell'Italia degli anni'60.


D. Da una rapina svoltasi il 15 aprile 1964 in via Montenapoleone, hai abilmente intrecciato una storia di cronaca con il noir.

R. Ho attinto a piene mani dalla realtà. Da un fatto di cronaca che all'epoca ebbe molto risalto, tanto da rimanere impresso nella mente della gente, ho tratto il materiale per un romanzo. Un romanzo di malavita ma soprattutto di vita, ricco delle passioni e delle debolezze umane. Grazie allo strumento del noir, che ha tante accezioni, ho potuto raccontare la realtà, con onestà. Non mi piace e non ha senso dividere il mondo in buoni e cattivi. Non volevo mettere in scena solo una finzione, una rappresentazione teatrale, volevo cercare di raccontare un fatto, romanzandolo. Per questo ho usato i chiaroscuri del noir, con luci, ombre, lampi taglienti che illuminano le esistenze.


D. Hai scelto un periodo relativamente recente della nostra storia politica, non eclatante.

R. Il 1964 è un anno importante per il nostro paese. Rappresenta forse uno spartiacque. Intanto siamo in pieno boom economico, con i suoi falsi miti e i suoi costumi. E' un'Italia in pieno cambiamento quella che racconto. Anche via Montenapoleone era diversa all'epoca. Era certo la strada del lusso ma non solo delle griffe, come è oggi invece, a uso e consumo di turisti danarosi. Allora c'erano anche bar, botteghe storiche, artigiani. Adesso è il regno del finto. E in quell'anno è in atto la discussione sul centrosinistra. Nell'estate, successiva a quei fatti, il leader socialista Nenni parlò di sinistro tintinnar di sciabole come colonna sonora del paese.


D. E' l'anno protagonista del paventato Golpe di Stato, da parte dell'arma dei carabinieri "Piano Solo" sostenuto dall'allora Presidente della Repubblica Antonio Segni.

R. Esatto. Il clima era pesante ma non ci fu bisogno di ricorrere alle armi per imporre una restaurazione. Forse proprio in quel disegno golpista si inserì la rapina di via Montenapoleone. Anni dopo, un funzionario di polizia, diventato poi questore, ricollegherà l'azione criminale del '64 a quella strategia. Ipotizzò che tutto venne creato ad arte per cominciare a seminare paura fra la gente e far saltare qualche testa fra chi si opponeva al Piano Solo. Fantapolitica? Può darsi, ma può anche darsi che un fondo di verità ci sia.


D. Cosa ti ha indotto a scrivere il tuo romanzo ambientato in quegli anni?

R. Non mi piace il presente e il futuro mi fa paura, mi sembra difficile da modificare. Prevedo un deciso peggioramento all'orizzonte per tutti. Per salvarmi dalla catastrofe il mio sguardo mi porta a dare un'occhiata al passato. E poi sono arrivato a quel periodo anche per via di un progetto che avevo con uno sceneggiatore per la stesura di un soggetto di una serie tv.


D. Pastis è un noto liquore marsigliese, "pasticcio" tradotto. Milano Pastis mi sembra il titolo più appropriato, lo hai scelto tu?

R. Il titolo è stato scelto dall'editore. Devo dire che ha avuto ragione lui. Milano Pastis incuriosisce. Il pastis è un liquore provenzale a base di anice, molto diffuso a Marsiglia. Evoca quindi le bettole del vecchio porto, bevute, risse, criminali incalliti. Buona parte dei banditi della rapina di via Montenapoleone provenivano da Marsiglia  o si erano formati lì dal punto di vista criminale e i "marsigliesi" nell'immaginario collettivo rappresentano ancora oggi malavitosi duri e senza scrupoli. Inoltre, pastis in occitano vuol dire appunto pasticcio e anche in lombardo ha lo stesso significato.


D. La tua è è una scrittura dura, schietta, che incalza ancora ulteriormente la trama.

R. Sì, mi sono divertito tanto a fare il duro e ad utilizzare un linguaggio crudo. Io sono un buono, un mite e avevo bisogno di riscattarmi. L'ho fatto attraverso la scrittura. Alla fine del libro, se leggi i ringraziamenti, vedrai che ho chiesto scusa a mia madre per le troppe parolacce!


D. I protagonisti del tuo romanzo non sono solo artefici di misfatti, ma anche di storie umane vissute ai margini della società. Ogni personaggio è come se avesse una doppia vita, hai dato spazio al loro ritratto psicologico e umano.

R. Milano Pastis è un romanzo che intreccia storia, politica, le trame nere che da sempre accompagnano la vita del nostro paese, ma tutto questo è in sottofondo. Ho voluto sopratutto parlare di uomini e donne che hanno scelto percorsi di vita accidentati, mi sono soffermato sulle loro esistenze, sulla psicologia dei personaggi, dal più cattivo fra i cattivi, il Sindaco della mala, a Robert il fascinoso criminale che però ha anche tratti romantici, a Vito, lo sventurato che non sa stare al mondo, a Sherazade, forse il personaggio più moderno e libero di tutto il romanzo, ai due commissari, così diversi tra loro.


D. Storie intense, la tua bravura a miscelare tanto orrore con altrettanta vita "comune" fa di te un grande narratore. Quando hai iniziato a scrivere?

R. Ti racconto un piccolo aneddoto. Qualche anno fa, mentre ero in Sicilia, a casa per le ferie, è arrivata da me mia madre con in mano un quadernuccio sdrucito. La guardo come per chiederle se devo buttarlo nella spazzatura e lei ricambia con uno sguardo come per dirmi che sono un fesso. Ho riconosciuto la scrittura infantile non molto diversa da quella mia di oggi. Il quadernetto delle medie conteneva la storia di tre investigatori, - io e altri due compagni di scuola -, che indagavano su un mistero in un paesino ai piedi dell'Etna. Confesso che è scesa una lacrima, ma deve essere stato il solito maledetto moscerino.


D. Dietro alla tua fatica letteraria ci sono molte ricerche?

R. Come già detto avevo iniziato a pensare a questa storia con la finalità di scrivere un soggetto per una serie tv. Insieme ad Elisa, mia moglie, ho dedicato circa un anno di ricerche andando a spulciare vecchie carte in archivi polverosi e biblioteche. Ci siamo divertiti a ricercare perle tra vecchi articoli, documenti originali, conducendo una caccia al tesoro minuziosa tra i pochi saggi che dedicavano qualche pagina all'argomento.


D. Siciliano, vivi da alcuni anni a Bologna, cosa è scaturito in te ?

R. Bologna è una città che può ispirare molto. Vicoli, portici, stradine deserte, una leggera nebbiolina. Il delitto sembra essere lì, presente ad ogni passo. Poi è una città vivibile, mi sposto sempre a piedi o in bici, dimenticando di avere la macchina ed ho tutto a portata di mano. Inoltre è una città culturalmente interessante. Non si può rimanere indifferenti. Se a questo aggiungi una certa serenità lavorativa e una migliore gestione del mio tempo libero, vedi che è fatta. La voglia di scrivere è riemersa prepotente. E allora mi sono cimentato in un paio di corsi di scrittura e poi ho deciso di provarci sul serio, prendendoci gusto.


D. Sono sincera Davide, i romanzi tratti da storie di cronaca vera, non sono la mia passione, il tuo mi ha fatto tornare indietro sui miei passi. Un bel romanzo. Hai progetti futuri come scrittore?

R. Grazie mille. Sono contento di essere riuscito a ribaltare il tuo pregiudizio. Intanto a giugno per Zona è stata pubblicata La versione di Mitridate. Una raccolta di tre miei racconti neri, densi, metropolitani, ambientati ai nostri giorni. Poi ho in lavorazione un secondo romanzo. Non è il seguito di Milano Pastis, anche se c'è il ritorno di alcuni dei protagonisti della rapina di via Montenapoleone. E' una storia ambientata nei primissimi anni '70 a Milano, protagonista è un ex sbirro, non si sa se dimessosi o cacciato dalla polizia. Io propendo per la seconda ipotesi. Si tratta di un tipo un po' hippie che si nutre di bacche marce nella sua fetida bicocca al quartiere Isola, in compagnia del suo gatto, della malinconia e delle canzoni di Fred Buscaglione. Questo ragazzaccio, durante le indagini sulla sparizione di una prostituta, è coinvolto nell'omicidio del braccio destro di un boss dei night. Gran brutta gatta da pelare per lui!


Grazie Davide da parte del blog Atmosfere Letterarie, per la tua disponibilità, cortesia e simpatia.

Buona lettura

Franca Costa




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