lunedì 24 agosto 2015

Bill James: Un taglio radicale

Bill James

Un taglio radicale


2015

Pag. 347

Selenio Editore



C’è aria tesa ai vertici di polizia dell’innominata città in cui Bill James ambienta i suoi polizieschi sociologici. Si discute se e come infiltrare nelle cosche della droga una giovane agente. Lo scontro è tra due politiche opposte: il Capo, l’insicuro e paranoico Lane, vorrebbe passare all’attacco, mentre il cinico e ambizioso Assistente Capo Iles, è per il compromesso che ha garantito la pace nelle strade. Sotto sotto c’è molto di più. Lane è convinto che il suo Assistente progetti un boicottaggio per fargli le scarpe, anche a costo della vita della giovane infiltrata. Dal canto suo Iles si muove come per sfruttare l’operazione per più contorti obiettivi. In mezzo ai due sta il Soprintendente, Harpur, lui cerca soprattutto di salvare la pelle di Naomi Anstruther, l’agente sotto copertura. A specchio, la stessa discordia mina il campo delle due cosche che si dividono «pacificamente» il traffico. «Panico» Ralph Ember e il più animalesco Mansel Shale dell’altra famiglia sanno entrambi benissimo dell’infiltrazione, ma mentre il primo fa una lettura complessa dei maneggi della polizia, il secondo vuole puramente e semplicemente eliminare l’agente. Questa complicata dislocazione di pedine è solo la premessa di una specie di dramma poliziesco. Una intricatissima rete di azioni e reazioni in cui ciascun attore s’illude di prevedere ciò che prevedono gli avversari e come si muoveranno. Ognuno dei gialli di Bill James è una lezione magistrale di strategia criminale e poliziesca nel suo ambiente naturale. Non esistono buoni e nemmeno cattivi, ciascun personaggio è colto nelle tante sfaccettature della sua vita, i dialoghi scorrono quotidiani e pieni di sarcasmo, gli ambienti cittadini risaltano nella loro varietà, i piccoli affetti sinceri si accompagnano al generale utilitarismo: e intanto i grandi disegni della legge e della criminalità organizzata si alimentano reciprocamente. Fondamentalmente perché la polizia è l’amministratrice del disordine di cui la società ha bisogno.

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