giovedì 10 dicembre 2015

Recensione "Sangue nel Redefossi" di Gino Marchitelli - Fratelli Frilli Editori -



Gino Marchitelli

Sangue nel Redefossi
Lorenzi indaga a San Giuliano Milanese

Fratelli Frilli Editori

 Una serie di delitti si verificano a San Giuliano Milanese e in Piemonte, vicino a un rifugio alpino di Macugnana, davanti al ghiacciaio del Monte Rosa. Viene denunciata la scomparsa di un dirigente di una nota azienda sanitaria privata ma la segnalazione non viene presa in grande considerazione al commissariato di Lambrate dove la polizia è impegnata, in un agosto caldo e soffocante, ad occuparsi di quello che pare essere il penoso caso di suicidio di un anonimo commercialista nella vicina via Ampere. All'interno del rimorchio di un camion abbandonato nelle campagne dell'hinterland milanese una raccapricciante scoperta che metterà a dura prova l'umanità e la professionalità dei carabinieri di San Giuliano Milanese. Cristina, giornalista di radio popolare, aiutata dalla sua nuova assistente Marta Jovine, si occuperà di quest'ultimo caso e l'inchiesta della giornalista assumerà un profilo molto pericoloso. 

 Questo è un libro che contiene numerosi passaggi di straordinaria forza e bellezza. Probabilmente il romanzo più completo di Gino Marchitelli. Ha un inizio non propriamente facile, vuoi per i tanti personaggi presenti, vuoi per le diverse situazioni narrative. Ma lentamente, in un crescendo quasi rossiniano, tutti i tasselli vanno al loro posto, uno dopo l'altro, incastrandosi alla perfezione. Una storia molto articolata, che seguendo la ormai consolidata tradizione di Marchitelli, tocca diversi temi sociali molto attuali. Siamo di fronte alla "Scrittura" perfetta: scrittura di rara bellezza narrativa, che accompagna e ci fa conoscere nuovi protagonisti e ritrovare antichi personaggi. Paragonato agli altri romanzi dello scrittore, possiamo dire che "Sangue nel Redefossi" è la sua "opera rock", proprio per la sua completezza e corposità. Sono tante pagine che però scorrono in maniera assolutamente coinvolgente. Nessun calo di tensione, nessuna incertezza narrativa, ritmo non elevatissimo ma continuo con suspense angosciante che aumenta progressivamente. Una cura quasi maniacale dei particolari, una descrizione dei luoghi incredibile se si pensa che riesce a illustrarli con pochissime parole. Milano, il suo hinterland, la sua provincia sono lì, fuori dalla tua finestra, ti giri, dai uno sguardo, e li vedi. Non ci si annoia in nessun momento e ogni singola riga nasconde piccole perle. Non è innamorato delle parole Marchitelli: usa le essenziali, quelle giuste, quelle che ti fanno capire in poche battute dove sei, cosa sta succedendo. Non lo leggi Gino Marchitelli, lo ascolti. Ecco perchè ho sempre definito lo scrittore milanese come uno dei pochi, rari, e bravi narratori del noir italiano. Non è mai scontato, le sue storie hanno uno svolgimento di pura logica investigativa e questo va ancor più a suo merito dato che non fa parte delle svariate forze di polizia. Il commissario Lorenzi è ulteriormente umanizzato in questo racconto. Alterna momenti di puro furore ad altri di crisi interiori spaventose. Questa volta è lui il protagonista: sente su di se la pressione del lavoro ma specialmente quella della vita. Neanche la presenza di Cristina al suo fianco (la giornalista di Radio Popolare sua ormai storica compagna) sembra dargli sollievo. Ma le sue capacità investigative non ne risentono: lui è un mastino, lui si risolleva, lui combatte. Anche nella descrizione dei personaggi ci sono poche parole, essenziali. Ma sono loro, li percepisci, senti le loro voci. La storia è uno spaccato di vita italiana ancora una volta lacerata da corruzione, interessi economici, malavita organizzata. Non ci si può addentrare nella trama per ovvi motivi, ma un particolare salterà agli occhi del lettore attento: un atto di accusa ben preciso contro certi tipi di finanziamenti rivolti a un certo tipo di sanità, contro certi traffici, contro certi faccendieri...  Ricordando che spesso, o quasi sempre, la realtà supera di gran lunga la fantasia. Con "Sangue nel redefossi"  credo si possa definire concluso brillantemente e in maniera assolutamente fantastica, un percorso iniziato qualche anno fa con "Morte nel trullo", primo romanzo di Marchitelli. Ma "concluso" è  termine provocatoriamente bonario: è il raggiungimento di un altissimo apice letterario, pronto ad essere però successivamente nuovamente superato. Lorenzi non ha ancora finito di raccontare e di indagare su questa Italia allo sfacelo. Ma la prossima volta dovrà realmente superarsi. Scommetto ci riuscirà.  Bellissimo.

Buonissima lettura!

Paolo Vinciguerra 

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